Curiosità sulla polenta

La polenta ai giorni nostri

Riflessioni

Alla fine di questo nostro viaggio nel mondo della “Polenta”, alcune riflessioni si impongono.

Se mai ci fu un cibo etnico consacrato da secoli di consumo, questo è rappresentato dalla Polenta.

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Penso che, senza cadere nella retorica, il progresso e soprattutto il ritmo frenetico dei nostri tempi possa farci perdere uno dei massimi piaceri della vita ossia un’alimentazione curata, generosa e rispettosa delle nostre tradizioni.

Una volta il mangiare era un rito, che richiedeva l’impegno delle donne per ore e ore. Ai nostri giorni, invece, per colpa della fretta (nella famiglia “moderna” devono lavorare entrambi i coniugi) questa attività viene ridotta ad una semplice azione necessaria e meccanica che tutto ingoia. E così ecco il trionfo del pane comprato nei supermercati. Un pane surgelato che, fatto passare sotto una resistenza elettrica, dà l’illusione alla giovane massaia di essere appena sfornato dal forno. Ecco il trionfo di quegli orribili risotti pronti in 5 minuti che a dispetto della diversità di ingredienti (con funghi, asparagi, zafferano etc. etc.) hanno tutti lo stesso gusto e sapore. L’elenco potrebbe passare ai secondi piatti, alla frutta e al dolce. La colpa di tutto questo è a parer mio, soprattutto delle nuove generazioni. Il mio non è un atto d’accusa ma uno spero simpatico rimprovero verso i giovani che non sono stati educati all’affascinante ricchezza del cibo. La pigrizia sicuramente gioca un grande ruolo nelle colpe di ciascuno. Le giovani donne non mostrano alcuna simpatia per la cucina intesa non come mobilio. Indubbiamente le donne di oggi non riconoscono più il vecchio motto secondo il quale gli uomini si prendono per la gola. E a questi ultimi, ormai consci della battaglia persa senza combattere, non resta che la resa incondizionata. Pasta, bistecche e verdura a volontà.

Oggi la cultura del mangiar bene e senza fretta, il famoso Slow Food, di cui Carlo Petrini giustamente va fiero, inteso come contrapposizione al Fast Food, imperante in questa epoca di globalizzazione forzata, è salutata come il tentativo isolato di salvare un patrimonio gastronomico costituito da prodotti di nicchia, di inestimabile valore, un patrimonio unico al mondo. E se questo patrimonio grande come valore ma piccolo come produzione, può dare un ritorno economico ben venga. Solo così si potrà evitare l’estinzione del produttore, della produzione, del prodotto stesso. Bisognerà però prestare attenzione e cura, perché sotto nomi incantatori come “biologico”, “tipico” oppure di strutture ristoratrici come alcuni “agroturismi” non si nasconda invece il maldestro tentativo di manipolare una consolidata e genuina tradizione culinaria locale con una facile cucina improvvisata al fine di ottenere il massimo del profitto economico. È questo purtroppo il caso di molti (per non dire la quasi totalità) dei ristoranti agrituristici della mia zona. Ritornando infine ai prodotti di nicchia di cui l’Italia può giustamente andare fiera nel mondo, io penso che la Polenta possa ricoprire un ruolo importante sia come alimento, sia come richiamo ad una vita più semplice, più sana e più legata alla gioia dello stare assieme, alla natura, agli affetti. Ringraziando tutti coloro che hanno avuto il piacere e la cortesia di accompagnarmi in questo mio viaggio nella “Polenta”, sarà gradito ed apprezzato qualsiasi suggerimento, consiglio e critica costruttiva sull’argomento.